Le partecipanti e i partecipanti del corso elementare di ungherese online Edizioni Anfora hanno tradotto il racconto breve Szerénység di Örkény István e, grazie all’aiuto di Vera Gheno – sociolinguistica e traduttrice dall’ungherese di Edizioni Anfora –, è stata decretata la migliore traduzione che riportiamo qui sotto insieme alla versione originale e alla traduzione di Vera Gheno.
Örkény István, Szerénység
Volt virágja is, egy befőttesüvegben. Az ablakpárkányon az ebédje, érintetlenül. Három jaffa-narancsa az éjjeliszekrényen, lábtól egy üveg ásványvize.
— Vacsorázni se kíván, Jellinek néni? — kérdezte az ápolónő.
Már nem kívánt enni. Nem kívánt beszélni sem. Csak a szemével intett az ágya fejénél álló vaspalackra. Lélegezni kívánt. Csak lélegezni.
Modestia, Örkény István
traduzione di Vera Gheno
Aveva anche dei fiori, in un barattolo di vetro. Sul davanzale il suo pranzo, intatto. Tre arance di Jaffa sul comodino, ai piedi la sua bottiglia di acqua minerale. - Non volete nemmeno cenare, signora Jellinek? - chiese l'infermiera. Ormai non voleva mangiare. Non voleva nemmeno parlare. Solo, con gli
occhi, indicava la bombola alla testa del letto. Voleva respirare. Solo respirare.
Modestia, Örkény István
traduzione di Elisa Campagna
Aveva pure dei fiori, in un barattolo di vetro.
Appoggiato sul davanzale della finestra c’era il suo pranzo, intatto.
Poi, tre arance di Giaffa sul comodino, e una bottiglia di acqua minerale ai suoi piedi.
‒ Non vuole neanche cenare, zietta Jellinek? ‒ chiese l’infermiera.
Ormai non aveva più voglia di mangiare. Non aveva più voglia nemmeno di parlare.
Fece solo un cenno con gli occhi in direzione della bombola d’ossigeno accanto alla testiera del letto. Voleva respirare. Solo respirare.