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L’epica del vero al tempo delle mistificazioni. Il momento di Magda Szabó.

Immagine del redattore: Edizioni AnforaEdizioni Anfora

Il momento (A Pillanat in ungherese) è il penultimo romanzo di Magda Szabó e in sé porta tutto il dramma, nel senso primo di movimento, di una fine, raccogliendo i passaggi, i singoli momenti che portano a quella conclusione. Szabó sin dalla invocatio in apertura confessa al lettore di cedere la vita sua intera in cambio della possibilità di cantare di Creusa nella sua «ultima poesia, che in parte è il mio necrologio in versi, in parte l’epitaffio sulla lapide di una generazione».

Il momento non è soltanto una riscrittura dell’Eneide virgiliana, non è l’anti-epica di personaggi riscritti da nuove prospettive, ma è un taglio nella storia personale e corale dell’autrice, come il chirurgo incide il paziente prima di poter operare. La narrazione infatti parte da un tentativo analitico: ripristinare la logica volutamente trascurata da Virgilio, che aveva lasciato Creusa alle spalle del corteo troiano in fuga. Creusa, in quanto madre, non avrebbe mai potuto abbandonare la mano del figlioletto e, dunque, una presa di posizione fortissima si impone. Farlo riutilizzando l’epos classico è il modo, invece, di ripercorre la storia personale e familiare, che del latino e di questa storia si era sempre nutrita.

La «piroetta frivola» della scrittrice, restituire Creusa alla storia dell’Eneide al punto da farne una Creusaide, implicava tuttavia di riadeguare alcune logiche, trasformare le storie singolari dei personaggi per arrivare infine a sconvolgere anche il tessuto della religione tradizionale: come avrebbe potuto agire Szabó sotto lo sguardo di Venere, divina madre del Pio Enea? Sarà perciò necessario appellarsi a una nuova dea, Ecchié, che può soddisfare anche le richieste più impensabili, «ma a condizione che il supplicante, dopo che il suo desiderio sia stato esaudito, venga annientato da un orrore senza nome».

Szabó confessa di aver vissuto in maniera intensissima la scrittura del Momento e di essersi persino pentita di aver voluto a tutti i costi riportare a nuova vita Creusa. E però l’esigenza si fa stringente: riportare in vita Creusa significa parlare di chi è esistito, qualunque sia stato il suo modo, e ora non esisterà più. Perché – dice l’autrice – bisogna omaggiare gli eroi che vivevano quando Troia era cadente, fumante, perché attraverso il racconto di loro la storia non possa trascurare che sono esistiti, che c’è stato un loro momento. Szabó come altri fu infatti costretta al silenzio durante gli anni più duri dello stalinismo ungherese, costretta ad assistere al disfacimento degli ideali. Ora però è il momento – si perdoni il gioco linguistico – che gli scrittori dicano il vero, che facciano la poesia onesta sperata da Umberto Saba.

Mentre scrive Il momento, l’autrice è consapevole che neppure premi tardivi (o postumi) potranno ridare voce a quanti, come lei, furono stritolati – corpo e spirito – dalla mitologia, dalla narrazione della storia più dura. Tuttavia, resta innegabile che ogni lettura è una riscrittura, e invitarvi a leggere questo romanzo è l’unico modo che abbiamo tutti per poter ridare vita a ciò che il tempo preferisce macinare, inglobare e trascurare, in un momento storico in cui l’Ungheria e l’Europa sembrano dimenticare la propria storia, i loro eroi e chi la fece.

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