Anna Édes: Le recensioni delle allieve e degli allievi dell’Istituto Russell Newton di Scandicci (FI). Parte seconda.
- Edizioni Anfora
- 27 mag
- Tempo di lettura: 8 min
Proseguiamo con le recensioni delle allieve e degli allievi che hanno partecipato al progetto "Ci vediamo in biblioteca", coordinato dalle docenti Cristiana Gentili e Sonia Bartoletti.
Questa volta andiamo nella 4A AFM per proporvi la lettura di una recensione scritta a sei mani di Eleonora Baldini, Blerta Krasniqi e Eleonora Piombanti.

Un classico della letteratura ungherese
Il romanzo Anna Édes di Dezső Kosztolányi è considerato un classico della letteratura ungherese; riconosciuto per il suo lucido ritratto delle disuguaglianze sociali e della condizione femminile nei primi decenni del Novecento, immerge il lettore in un'atmosfera di giallo conducendo allo stesso tempo un'indagine sociologica e psicologica. Oltre alla profondità psicologica e sociale del racconto, Anna Édes ha suscitato una vasta discussione anche al momento della sua pubblicazione e continua a farlo ancora oggi. Alla sua uscita nel 1926, il romanzo è stato acclamato come uno dei capolavori di Kosztolányi, ricevendo una buona accoglienza dalla critica ungherese che ne ha apprezzato la capacità di intrecciare la storia personale di Anna con il contesto politico e sociale del periodo. Ancora oggi, molti critici interpretano Anna Édes come una riflessione sulla “servitù moderna”: un essere umano privato di voce, autonomia e diritti, incastrato in un sistema che lo considera solo come una funzione o un oggetto. In questo senso il romanzo mantiene una forza dirompente perché solleva interrogativi su potere, sottomissione e alienazione che restano universali e attuali, andando oltre il contesto storico in cui è ambientato. Il libro inizia proprio con una preghiera per i defunti tratta dal Rituale Romanum; la sua presenza, prima ancora dell’inizio vero e proprio del romanzo, non è casuale. È un inizio solenne e carico di significato, che subito porta il lettore in un’atmosfera di morte, lutto e malinconia, anticipando la tragicità della storia che seguirà.
Il contesto storico: l’Ungheria postbellica
Il racconto è ambientato in Ungheria tra il 1919 e il 1922, più precisamente durante la caduta del Consiglio della Repubblica ungherese e l’adesione dell’Ungheria alla Società delle Nazioni. Il primo capitolo narra della fuga di Bela Kun, capo dei soviet ungheresi, dal Paese; un evento simbolico che ha segnato il crollo del regime comunista e l’inizio del cosiddetto “terrore bianco”, durante il quale il nuovo governo perseguitava chiunque fosse sospettato di simpatie comuniste. Tra rivoluzioni e controrivoluzioni viene inquadrata la vicenda di una famiglia benestante alto-borghese: quella dei signori Vizy. Il signor Kornel Vizy era un uomo impegnato nella politica ed ex consigliere ministeriale che, dopo il crollo del regime instaurato dai bolscevichi, sognava di poter ricoprire di nuovo la sua vecchia carica pubblica. Sua moglie Angéla, invece, era ossessionata dall’ordine domestico e dalla ricerca della servitù perfetta; un’ossessione che era diventata il fulcro della sua esistenza in seguito alla perdita della figlia Piroska. Dopo un certo periodo di tempo tutte le domestiche da lei assunte, all’inizio apparentemente perfette, diventavano ladre, ingorde o semplicemente non soddisfacevano più le sue esigenti richieste. Quando le speranze di trovare la cameriera adatta a lei sembravano svanire, il portiere del palazzo, Ficsor, le presentò sua nipote Anna Édes; ed è proprio lui a suggerirla come nuova domestica per i signori.
La figura di Anna
Anna era una giovane donna di umili origini proveniente dal piccolo villaggio di Balatonfőkajár, nella provincia di Enying, in Ungheria. Dopo la morte della madre, il padre si risposò con una donna più giovane, severa e distante nei confronti di Anna. Il difficile rapporto con la matrigna e la precaria situazione economica della famiglia spinsero il padre a mandare la figlia a Budapest per trovare un impiego come domestica. Anna è descritta come una ragazza fragile ed esile, con un volto ovale dai tratti delicati, gli occhi azzurri e i capelli d’un colore tra il biondo ed il castano dorato. Il suo aspetto gentile e riservato cela un carattere complesso: all’apparenza sembra essere remissiva e silenziosa ma in realtà è attraversata da sentimenti profondi e repressi che troveranno sfogo durante la narrazione. Quando la signora Vizy vide Anna per la prima volta non la considerò una contadina comune; percepì in lei una figura che avrebbe potuto finalmente soddisfare il suo bisogno di controllo e ordine. Tuttavia, con il passare del tempo, la relazione tra le due assunse sfumature a tratti inquietanti. La signora Vizy non tollerava che Anna avesse legami o interessi al di fuori della casa: le impediva di socializzare con le altre cameriere, facendole credere che quest’ultime la disprezzassero e la deridessero. Anna, inizialmente, accettò questa situazione e si immerse completamente nel suo lavoro; iniziò persino a identificarsi come parte della famiglia, facendo riferimento ai mobili della casa con il possessivo “nostro” e considerando i padroni come una sorta di genitori adottivi. Tuttavia, questa apparente armonia nascondeva al suo interno un crescente senso di oppressione che raggiunse il culmine quando la signora Vizy convinse Anna a rifiutare la proposta di matrimonio dello spazzacamino Báthory. L'uomo aveva deciso di chiedere la mano di Anna solo per sostituire la figura mancante di una moglie, ma la signora Vizy non dissuase la ragazza dall'accettare per puro spirito caritatevole; al contrario, il suo unico timore era quella di non poter considerare Anna come “di sua proprietà” e di non poter più elogiare le sue doti di cameriera di fronte alla sue ricche amiche. A differenza del rapporto tra Anna e la signora Vizy, quello tra Anna e il signor Kornél era più distaccato, ma non per questo meno significativo. Il padrone, per tutta la vicenda, non ha mai mostrato un vero interesse per Anna, né in positivo né in negativo: per lui era semplicemente una presenza silenziosa e invisibile che non meritava alcuna attenzione. Entrambi i signori non hanno mai considerato Anna come una persona vera e propria: era semplicemente un oggetto di loro proprietà a cui non era permesso provare emozioni o ribellarsi a questa condizione. Tuttavia questo loro comportamento non era del tutto inusuale per il periodo storico in cui si ambienta la storia; difatti era normale per i ricchi borghesi considerarsi al di sopra dei domestici e sentirsi in diritto di trattarli come parte del mobilio della casa. Un momento cruciale nella narrazione si verifica quando il nipote dei Vizy, Jancsi Patikárius, entra in scena. Jancsi era un giovane frivolo e superficiale, che si divertiva a corteggiare Anna per passatempo. Durante le settimane passate a casa dei Vizy provò in tutti i modi a sedurla: inizialmente la ragazza sembrò mantenere un atteggiamento restio nei suoi confronti, ma dopo innumerevoli lusinghe, cedette. Infatti, una notte, approfittando dell’assenza dei signori Vizy, Jancsi riuscì a raggiungere il suo obiettivo. Dopo la nottata trascorsa insieme, egli continuò la sua vita di sempre, cercando nuovi divertimenti e frequentando altri amici. Lei, invece, restò segnata dall’incontro, perché portava in grembo le conseguenze della loro unione. Dopo aver scoperto di essere rimasta incinta, Anna si trovò sola ad affrontare la situazione, mentre Jancsi, terrorizzato dallo scandalo che sarebbe potuto scoppiare, cercò immediatamente una soluzione per sbarazzarsi del problema. Alla fine sia i padroni di casa sia Jancsi optarono per l’aborto. L’aborto ha segnato un ulteriore punto di rottura nella vita di Anna: se la speranza di aver trovato finalmente il vero amore sembrava essere confortante, la vera natura dimostrata da Jancsi la convinse del contrario, abbandonandola in una solitudine ancora più profonda. Il romanzo si conclude con Anna, che presa da una furia omicida del tutto inspiegabile, uccise i suoi padroni. A differenza di quanto ci si aspetterebbe, dopo aver commesso l’omicidio, Anna non tentò di scappare ne si disperò, tutt’altro: si sdraiò sul divano e si addormentò profondamente, come se l’atto appena commesso non le avesse lasciato alcun peso sulla coscienza. Quando i poliziotti arrivarono sulla scena del crimine e sfondarono la porta, la trovarono ancora lì, immobile; Anna non tentò di difendersi o giustificarsi. Durante il processo, Anna rimase impassibile di fronte alle accuse e la decisione finale di quindici anni di carcere sembrò non toccarla minimamente.
Nel frattempo, la notizia dell’omicidio si diffuse rapidamente tra gli abitanti del palazzo e i vicini. Dopo pochi giorni dal crimine, la gente si abbandonò a discussioni animate, cercando di dare un senso a quanto accaduto, ma nessuno sembrò davvero comprendere le motivazioni che avevano spinto Anna ad ammazzare i propri padroni. Gli amici dei coniugi Vizy spettegolavano, sostenendo di aver sempre saputo che Anna fosse una persona pericolosa, nonostante fino alla sera prima l’avessero lodata come la migliore delle cameriere. Con il passare del tempo l’interesse per il caso iniziò a svanire (come spesso accade con le tragedie che scuotono la società) e la loro attenzione si spostò rapidamente su altri argomenti dimenticandosi per sempre di Anna Édes.
Perché?
Il lettore del romanzo, che col tempo si è appassionato alla vicenda fino ad arrivare alle ultime pagine della storia, è lecito che si chieda: perché Anna lo ha fatto? A questa domanda non vi è una risposta giusta e lo stesso Kosztolányi evita di specificare il movente che ha spinto la cameriera a compiere un atto di tale brutalità. Per arrivare a rispondere a questo quesito bisogna fare qualche passo indietro e analizzare la figura della protagonista. C'è da domandarsi se durante tutta la vicenda Anna abbia mai avuto una vera identità o se quest’ultima fosse dipesa solo dalle chiacchiere che circolavano su di lei. All’inizio della storia i vicini dei Vizy la descrivono come una donna fredda, distaccata e dedita al lavoro ed effettivamente viene presentata proprio così, senza mai fare un accenno alle sue emozioni o sensazioni. In un secondo momento, l’opinione generale su di lei muta e, di conseguenza, anche il modo in cui viene mostrata. Nel romanzo solo il dottor Movister, durante il processo, cerca di riflettere sulla condizione sociale di Anna. Sebbene i signori non l’abbiano mai picchiata, non le abbiano mai fatto patire la fame e le abbiano sempre pagato lo stipendio, l’hanno trattata con freddezza, senza alcun affetto. Anche l’episodio dell’aborto ne è un esempio; nessuno dei due coniugi ha mai preso realmente in considerazione quali potessero essere le reali volontà della ragazza. E se avesse voluto continuare la gravidanza? Non le è stato permesso di scegliere perché, in quanto loro dipendente, quel “problema” avrebbero dovuto risolverlo i padroni di casa e di fronte a quella decisione, Anna non avrebbe potuto opporsi. Lo scandalo del nipote che aveva messo incinta una cameriera di provincia sarebbe stato troppo da sopportare per la signora Vizy: cosa avrebbero pensato tutti? Com’era possibile che una semplice cameriera avesse intrattenuto una relazione intima con un membro dell’alta società?
Tornando alle motivazioni che potrebbero aver spinto Anna a commettere l’omicidio, cosa si può ipotizzare? Che sia stata colta da un raptus omicida? Che fosse spinta da una rabbia repressa nei confronti dei suoi oppressori? O che si sia trattato di un gesto per affermare la propria individualità, per uscire dall’ombra e raggiungere finalmente una forma di riconoscimento? Questa potrebbe essere un’ipotesi plausibile, considerando che, dopo aver commesso l’omicidio, Anna non ha cercato di occultare le prove, ma è rimasta tranquilla anche di fronte alle accuse. Perfino il carcere sarebbe stato per lei un’alternativa migliore rispetto a una vita da schiava. La sua azione sembrava essere stata dettata dalla necessità di affermarsi come donna e come essere pensante, capace di ragionare con la propria testa e decidere per sé stessa. Spesso, l’animo umano, in circostanze di difficoltà e insoddisfazione, tende ad agire nel modo che ritiene migliore per liberarsi dal senso di disagio e oppressione; tuttavia, non sempre questa scelta coincide con la soluzione più giusta ed è proprio quello che è successo ad Anna.
Lo stile narrativo di Kosztolányi
Lo stile di Kosztolányi è essenziale ma raffinato, caratterizzato da una narrazione lenta che permette al lettore di immergersi gradualmente nella psicologia dei personaggi e nelle loro dinamiche. Uno degli aspetti più affascinanti è l’uso delle descrizioni dettagliate: Kosztolányi non si limita a raccontare gli eventi, ma dipinge con precisione gli ambienti, le espressioni e i gesti dei personaggi. I dialoghi, brevi ed essenziali, contribuiscono a rendere il romanzo ancora più intenso. I personaggi raramente esprimono apertamente le loro emozioni: gran parte di ciò che provano resta implicito, lasciando al lettore il compito di cogliere i significati nascosti dietro le parole e i silenzi. Proprio per questo, Anna Édes non è un libro adatto a lettori superficiali, ai quali il ritmo lento e la narrazione dettagliata potrebbero risultare pesanti e difficilmente potrebbero apprezzare un finale che lascia molti interrogativi, non offre risposte certe o una chiusura netta alla vicenda.
Eleonora Baldini, Blerta Krasniqi e Eleonora Piombanti.
Classe 4A AFM
Prof.ssa Cristiana Gentili