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Anna Édes: Le recensioni delle allieve e degli allievi dell’Istituto Russell Newton di Scandicci (FI). Parte terza.

  • Immagine del redattore: Edizioni Anfora
    Edizioni Anfora
  • 9 giu
  • Tempo di lettura: 4 min

Continua la presentazione dei lavori delle allieve e degli allievi dell'istituto fiorentino che si sono cimentati nella recensione di questo grande romanzo ungherese ed europeo.

Oggi tocca a due ragazzi della 4B SCA della della Prof.ssa Simona Giani: Christian Clausi e Andrea Piantini.



Il libro di Anna Édes mi ha lasciato un segno per la sottile ma potente esplorazione della solitudine e del desiderio di relazioni autentiche. 

La figura di Anna, una donna apparentemente insignificante e invisibile agli occhi del mondo, si rivela gradualmente complessa e tormentata da un bisogno disperato di essere vista e amata. 

Ciò che mi ha colpito maggiormente è la facilità con cui la società ignora le persone che non rientrano in determinati canoni di bellezza e di successo. Anna, con la sua vita modesta, diventa quasi trasparente agli occhi degli altri, una condizione che la spinge verso un isolamento sempre più profondo. In questo isolamento, il desiderio di un contatto umano, di un riconoscimento, si trasforma in una forza potente, capace di condurla su sentieri oscuri. Secondo me questo libro comunica una riflessione su quella che è la condizione umana e sulla nostra intrinseca necessità di appartenenza. 

La storia di Anna Édes ci costringe a guardare oltre le apparenze, a considerare le vite silenziose che ci scorrono accanto e a interrogarci sul nostro ruolo nel creare o alleviare la solitudine altrui. Mi ha fatto riflettere su quante persone ci siano nel mondo che lottano invisibilmente per essere notate, per trovare un barlume di colore umano in un mondo spesso indifferente. 

La maestria dell’autore sta nel rendere Anna un personaggio ambiguo, capace di suscitare sia pena che inquietudine. Non la giustifica, ma ci permette di comprendere le radici della sua disperazione. Questo mi ha portato ad una riflessione più ampia sulla natura del giudizio e sulla facilità con cui etichettiamo gli altri senza conoscere la storia. 

In conclusione “Anna Édes” è un libro che va oltre l’intrattenimento. È un’esplorazione toccante della fragilità umana, del bisogno di amare e accettazione, è un monito silenzioso contro l’indifferenza che può spingere la persona ai margini.

La storia di Anna mi ha lasciato con un senso di malinconia, ma anche con una maggiore consapevolezza dell’importanza di coltivare l’empatia e di guardare con più attenzione il mondo che ci circonda.

Christian Clausi



Leggere Anna Édes è stato come aprire una finestra su un mondo che sembra lontanissimo, ma che in realtà ha tantissimi punti in comune con quello in cui viviamo oggi. Il romanzo racconta una storia semplice, in apparenza: una ragazza povera che diventa cameriera presso una famiglia benestante. Ma sotto questa superficie tranquilla, quasi “normale”, si nasconde un’inquietudine profonda, una tensione che cresce pagina dopo pagina e che alla fine esplode in modo inaspettato e sconvolgente.                                                   

Quello che mi ha colpito subito è il modo in cui Anna, la protagonista, entra nella storia. Nei primi capitoli non la sentiamo neanche parlare: di lei si racconta solo attraverso gli altri. È muta, chiusa, quasi invisibile. Eppure, è proprio questo suo silenzio a gridare più forte di tutto. Anna rappresenta tutte quelle persone – donne, lavoratori, poveri – che vengono ignorate dalla società, ridotte a semplici “funzioni” senza diritto di parola, né di scelta. Lavora senza mai fermarsi, non si lamenta, non chiede nulla. Ma il fatto che lo faccia non per scelta, ma perché non ha alternative, rende tutto terribilmente ingiusto.                            

Il romanzo, secondo me, è una critica durissima a una società maschilista, classista, ipocrita. Le donne sono sottomesse, ma appena possono esercitare un briciolo di potere – come fa la signora Vizy con Anna – lo fanno con cattiveria, come se si volessero vendicare. I ricchi sfruttano i poveri senza alcun senso di colpa. E tutto è costruito su apparenze: basta mostrarsi “per bene”, avere la casa in ordine e una serva obbediente, e allora si è considerati rispettabili. Ma dietro questa facciata si nascondono frustrazione, dolore e disumanità. 

Quello che rende Anna Édes un romanzo così potente è il fatto che tutto questo non viene detto apertamente. Kosztolányi non urla, non giudica, non prende posizione. Mostra semplicemente i fatti, li racconta con uno stile limpido e sobrio, lasciando al lettore il compito di capire e riflettere. E proprio per questo il suo messaggio arriva ancora più forte. Quando si arriva al finale – che non voglio spoilerare, ma che lascia davvero senza parole – non si può fare a meno di chiedersi: come si è potuti arrivare a questo punto? E la risposta è chiara: la colpa non è solo dei singoli personaggi, ma di un’intera società che ha fallito.                 

Quasi cento anni dopo la sua pubblicazione, Anna Édes continua a essere attuale perché ci parla di problemi che esistono ancora. Viviamo in un mondo che si dice giusto e moderno, ma dove chi è più debole viene ancora lasciato indietro. Dove il potere è concentrato nelle mani di pochi, e chi non ha voce spesso non viene neanche ascoltato. Dove l’ipocrisia è ovunque: nelle relazioni, nella politica, nel lavoro. E anche oggi, come allora, c’è chi cerca di ribellarsi, ma si scontra con un muro di indifferenza.                                                             

Anna Édes è una domanda aperta. Cosa possiamo fare noi per non essere complici di questo sistema? Come possiamo cambiare le cose, nel nostro piccolo?  ci chiede di guardare in faccia la realtà e di non voltarci dall’altra parte. È questo, secondo me, che fa della grande letteratura qualcosa di necessario. E questo romanzo è senza dubbio un capolavoro che tutti dovrebbero leggere almeno una volta nella vita.


Andrea Piantini


Classe 4B SCA

Prof.ssa Simona Giani




 
 

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