Questo testo è stato scritto da Magda Szabó per il risvolto di copertina della prima edizione ungherese di Per Elisa (2002), edizione celebrativa degli 85 anni dell’autrice.
Tradotto in italiano da Mónika Szilágyi è stato inserito nella terza edizione italiana e pubblicato sul quotidiano La Stampa del 27 febbraio 2023.
di Magda Szabó
Nella nona decade di vita è inevitabile affrontare lo scorrere del tempo: la scrittrice ha ostinatamente evitato ogni domanda riguardo alla sua vita da adolescente e da giovane adulta. Ora rompe il sigillo del silenzio, è ormai abbastanza vecchia per non vergognarsi per niente di ciò che è accaduto a lei e alla sua famiglia: è l’unica testimone di se stessa, la sua famiglia è stata ingurgitata dai cimiteri, non può più ferire la sensibilità di nessuno con la sua sincerità; anche la sua scuola di educazione, la Dóczy, recuperata dalla nazionalizzazione e ricostruita in dettaglio, ricorda se stessa solo nella sua costruzione, la fabbrica delle signorine ha cessato di esistere, quelli che la conoscevano per come era stata ne custodiscono solo i ricordi.
La scrittrice è diventata tristemente libera per cominciare finalmente a scrivere il proprio romanzo biografico in due parti, di cui il lettore ora riceve in mano la prima parte. Esiste una spiegazione semplice del perché il romanzo biografico, che il lettore trova davanti a sé, abbia un titolo che, a ragione, dovrebbe evocare Beethoven o il suo tempo: il minuscolo capolavoro fu scritto senza testo, i due interessati, il Maestro ed Elise, ovviamente sapevano di cosa parlassero le note musicali, noi possiamo solo fare delle congetture, anche se la melodia dice qualcosa di definito, che può essere ricostruito con le parole, a voce.
Secondo mia madre, l’umanità è composta da miliardi e miliardi di Elise, e ognuna di loro può cogliere nella canzone un messaggio, un interrogativo o un’istruzione personali indirizzati a lei. La canzone dice qualcosa all’Elise originale ma anche a noi, a ognuno di noi che è disposto a canticchiarla in questa maniera muta e filtrare da essa ciò che il Maestro ci chiede.
Io sentivo che Beethoven chiedeva al mio io giovane: «Cosa risponderai quando l’Epoca vorrà una risposta? Tacerai? O parlerai?». Io ho parlato: tutte le opere di una vita da scrittrice lo dimostrano. I due romanzi raccontano l’evoluzione del mondo e della mia stessa vita tra il 1917 e il 1939. Il periodo tra il Trianon e la Seconda guerra mondiale indica già le impronte in evoluzione dei mostri, il cui peso è sopportato dolorosamente dai singoli e dall’umanità fino ai giorni nostri.
Il ramo dei Ágyai Szabó in cui sono nata non avrà una continuazione dopo la mia morte. Ho dato disposizioni al mio erede in modo degno della sua persona, così come ho anche provveduto alla città dove il vento della puszta mi aveva toccato per la prima volta il viso. Sono rimasta in debito solo con colui la cui fiducia, amore e interesse mi accompagnerà fino alla morte: offro dunque al Lettore Sconosciuto la storia finalmente registrata dei miei anni, mai rivelata fino ad ora. Che possa cogliere dalla melodia senza testo di Elise il messaggio personale dedicatogli, così come Cili, la protagonista del primo romanzo appena pubblicato, aveva inteso quale tra i grandi segreti il Maestro le avesse confidato, perché le avesse fatto filtrare dalla melodia questo testo: «Pensa a me, quando non sarò più. Molte volte. Molte volte». Anche la scrittrice chiede lo stesso al Lettore Sconosciuto, perché un giorno anche lui diverrà un ricordo.
Traduzione di Mónika Szilágyi
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