Osservazioni tratte dalle recensioni di coppia del romanzo Anna Édes.
- Edizioni Anfora
- 4 giu
- Tempo di lettura: 6 min
Pubblichiamo degli estratti delle recensioni di questo capolavoro della letteratura europea, scritte dalle ragazze e dai ragazzi della 4FL dell' Istituto Russell Newton di Scandicci, coordinati dalla loro insegnante, la Prof.ssa Francesca Antonucci, nell'ambito del progetto "Ci vediamo in biblioteca", un progetto giunto ormai alla sua terza stagione e che registra la collaborazione fra le docenti dell'istituto fiorentino e la nostra casa editrice.

<<...Anna si mostra come la domestica perfetta: silenziosa, pacata, ubbidiente, tanto da sembrare trasparente. In realtà, Anna ha difficoltà a trovare un equilibrio tra i desideri personali e la realtà che la circonda, e per questo va incontro a una lotta interna, un conflitto tra ricerca di autonomia e pressione delle convenzioni sociali. Anna utilizza istintivamente una tecnica di isolamento fisico e mentale per far fronte alla realtà opprimente che la circonda, ma la sua ricerca di identità non le dà risposte chiare e sopporta gravi sofferenze sia fisiche che psicologiche.
Il suo disagio esistenziale evidenzia il fallimento di una società che non tutela né sostiene gli individui, una società corrosa da ipocrisia e falsità, dal maschilismo imperante.
L’instabilità psicologica della ragazza, inevitabile in tale contesto, sfocerà nell’atto estremo dell’assassinio dei Vizy, gesto secondo noi dettato anche dal suo profondo senso di inadeguatezza: nessuno nella famiglia dei padroni si era mai chiesto chi fosse, quali traumi o desideri portasse dentro di sé, era solo una schiava e come tale invisibile. Talmente invisibile che nessuno si accorge che il nipote Jancsi ha approfittato sessualmente di lei per poi provocarne l’aborto e non rivolgerle più la parola. Nessuna pietà, nessuna umanità né per lei né per quelle come lei…>>
(Sofia, Miriam)
<< ...Il gesto brutale di Anna sembra un ‘esplosione di disperazione più che una vendetta, come fosse l’unico modo perché la società borghese smetta di considerarla un oggetto: dopo l’omicidio non prova a fuggire e accetta il suo destino, come aveva fatto sempre nella vita, facendosi arrestare e ripiombando nella passività…>>
(Elena, Caroline)
<<...Il finale è un colpo di scena vero e proprio, non solo per il fatto in sé ma perché non ci aspetteremmo che proprio lei, per come si è sempre presentata, compia un simile gesto. Probabilmente la signora Vizy ha contribuito in modo sostanziale all’esasperazione di Anna, col suo atteggiamento doppio nei confronti della ragazza, da una parte estremamente possessivo, come quando riesce a dissuaderla dall’idea di sposare lo spazzacamino, dall’altra totalmente indifferente e anaffettivo…>>
(Melissa, Lucrezia)
-<<… I signori Vizy si mostrano ipocriti e indifferenti verso Anna, che appartiene a una classe sociale inferiore: all’inizio viene trattata in modo gentile dai padroni, ma il loro intento è quello di sfruttarla e di trattarla come una schiava. In particolare la signora Vizy mostra un atteggiamento anche di gelosia nei suoi confronti perché vuole tenersela tutta per sé. Pensa di comportarsi bene con lei ma in realtà vuole distruggerla psicologicamente e usarla, senza alcuna compassione.
Un altro tema che l’autore affronta è quello della violenza: Anna, dopo essersi tenuta tutto dentro e aver subito questi comportamenti, compie un atto orribile. La società non riesce a capire perché lei abbia fatto questo gesto e viene processata e condannata senza che lei abbia espresso le sue motivazioni, forse senza che lei stessa le elabori o sia in grado di esprimerle...>>
(Lucrezia, Chiara)
<<...Anna, serva silenziosa ed efficiente, praticamente perfetta, nel finale appare invece subdola, reticente, “cattiva”, ma la chiave per capire questo sdoppiamento è da ricercare nel rapporto signori- servi nell’Ungheria del primo dopoguerra. Se Anna rifiuta la “benevolenza” della padrona che le offre una fetta di pan di spagna è perché, come cerca di spiegare il dottor Moviszter, i servi non possono accettare di desiderare ciò che a loro piace, difendendosi in questo modo dalla sofferenza e dalla frustrazione per ciò che non possono avere.
Il messaggio del romanzo che forse abbiamo individuato è questo: la sottomissione e la sopportazione di vari abusi, generati da profondi divari sociali, possono portare a una “rottura” interna, più che a una ribellione. Infatti, in una situazione precaria e fragile come quella di Anna, ogni azione, anche minima, apparentemente insignificante, può impattare sulla psiche più di quanto si pensi. Questo sarebbe un messaggio coerente per una storia che affronta anche il tema della discriminazione di genere...>>
(Angelica, Maria Grazia)
<<...”Anna Èdes” è una denuncia delle ingiustizie sociali e delle disuguaglianze che caratterizzano l’Ungheria post guerra, ma il suo messaggio va oltre il contesto storico: l’autore affronta il tema dell’oppressione e della ribellione, il tema universale del rapporto tra potenti e deboli, mostrando come la disperazione possa portare a gesti estremi. Secondo noi i momenti di maggiore tensione nel romanzo (Spannung) sono due: il primo quando ad Anna viene dato un farmaco che provoca l’aborto, il secondo quando compie l’assassinio feroce dei Vizy, gesto che fa inorridire la società alto borghese ma che fa anche riflettere sui concetti di giustizia e di morale.
Ci ha colpito molto l’aspetto psicologico della protagonista: leggendo il romanzo, sembra di assistere al suo processo di trasformazione e “depersonalizzazione”, processo che si svolge parallelamente al suo “lavoro”, o meglio alla sua servitù, presso la famiglia Vizy, mentre prende sempre più consistenza il malessere da cui è afflitta e il suo dramma esistenziale…>> (Ami, Luca)
<<...Il romanzo è scritto in modo semplice e comprensibile, non sono presenti parole auliche, e ha una costruzione prevalentemente paratattica. Inoltre il testo è ricco di descrizioni della vita quotidiana e lo scrittore focalizza l’attenzione non solo sui personaggi, ma anche sugli oggetti, che sembrano prendere vita…>>
(Viola, Alice C.)
<<...La vita in casa Vizy rispecchia gli stereotipi di genere della società ungherese del tempo: Kornèl Vizy fuma il sigaro e discute di questioni importanti quali la politica, mentre ad Angela Vizy e alle sue amiche sono riservati degli argomenti più frivoli, come la condotta delle cameriere Etel e Stefi e della nuova arrivata Anna. Le signore arrivano persino a lamentarsi della loro condizione borghese, considerata da loro peggiore di quella delle serve stesse. Infatti, queste ultime sarebbero più fortunate di loro perché condurrebbero una vita “bella” in quanto libera da pensieri e responsabilità di ogni genere. Si capisce da ciò la chiusura mentale e l’egocentrismo delle classi ricche, che hanno, o fingono di avere, una visione alterata della realtà.
La serva è vista come un oggetto dai padroni, spogliata di ogni diritto e forzata ad abbandonare ogni desiderio di migliorare la propria condizione. Per esempio, quando Anna vorrebbe sposare lo spazzacamino Bàthory, la signora Vizy la fa sentire in colpa obbligandola moralmente a rifiutare la proposta di matrimonio.
Nel corso della storia, Anna sembra quasi rinunciare alla sua dignità, offrendo tutta se stessa ai suoi padroni, e quando Jancsi, il nipote libertino dei Vizy, viene a soggiornare dagli zii nella casa del rione Krisztina a Budapest, lei soddisfa il desiderio sessuale del giovane e tra i due nasce un rapporto ambiguo, specialmente perché Jancsi è sia attratto da Anna sia inorridito, e Anna è contemporaneamente amante misteriosa e “sporca” serva. E la storia d’amore tra di loro resta un segreto, custodito da Anna per vergogna, da lui per non macchiare il suo onore. Di qui il senso di frustrazione, di impotenza e di rabbia che Anna accumula nei confronti della padrona come rappresentante della società tutta, fino ad esplodere nell’azione brutale del finale. […] A nostro parere gli elementi cartteristici del romanzo giallo, come la suspense e il colpo di scena, si presentano abbastanza tardi nella lettura. Per questa ragione a tratti ci è mancato il senso di mistero, di curiosità e di tensione che rendono avvincente e coinvolgente un giallo. Anche il finale ci ha lasciate interdette e la conclusione del romanzo è ambigua: tutti i non-detto, i dubbi sulle emozioni e sull’effettiva volontà di Anna rimangono irrisolti. Ai nostri occhi, questa potrebbe rappresentare una sorta di provocazione che l’autore fa ai lettori, lasciando loro la libertà di riflettere sui motivi delle azioni di Anna, spingendoli a dare da soli un senso all’enigma dell’intera vicenda.
Inoltre, il messaggio che il romanzo vuole lasciare è l’esaltazione dell’empatia come un valore perduto: la maggior parte dei personaggi ha da tempo chiuso le porte del cuore all’altro, inseguendo l’effimera illusione del prestigio e del denaro. Solo il dottor Moviszter sembra riuscire a vedere in parte il mondo con occhi diversi, ma quando cerca di far ragionare gli altri viene deriso come un vecchio pazzo...>>
(Arianna, Elisabetta)
Classe 4FL
Prof.ssa Francesca Antonucci